di Gianni Biondillo
[Gianni Biondillo, scrittore, ha pubblicato i noir Per cosa si uccide e Con la morte nel cuore (Guanda); è autore di testi televisivi e cinematografici]
Ho ricevuto un fax da una amica. È un articolo di Maurizio Cucchi sul Corriere della Seradi lunedì: Il trionfo dei giallisti, “falsi” letterati. Interessante, molto interessante.
La prima cosa che fa Cucchi è mettere, come dire, le mani avanti: a lui
Lucarelli in tivù gli sembra bravo e “persino” simpatico. Bene. E poi, en passant,
ci confessa che con tutta la buona volontà, lui, Lucarelli non l’ha mai
letto. Non ce l’ha con lo scrittore, è proprio che Cucchi non riesce ad
appassionarsi ai cruciverba (?), ai rebus (?), e ai gialli (scusate,
sono tonto: ma cosa c’entra?).
Non riesce a leggere la leggendaria Settimana enigmistica,
così come i noir o i thriller sono per lui “misteriosamente tabù”. Be’,
uno potrebbe dire: “finiamola qui. Non li hai letti, non hai nulla da
dire in merito”. No. Non è così. Non li ha letti, ma Cucchi ha un sacco
di cose da dirci in merito.
La prima cosa è che “il genere domina”. Già. “La narrativa è fieramente
occupata da giallisti e affini”. Per lui, che non riesce a leggere i
gialli, deve essere proprio un problema. Poniamo che io non riesca a
leggere poesie (fortunatamente non è così, fortunatamente io alla fonte
di Cucchi mi sono assai abbeverato): deve essere una bella fatica per
me entrare in una libreria e trovare solo libri di poesia. Già.
Mi viene un dubbio. Su certe cose sono un tipo preciso fino al
maniacale, controllo la classifica delle vendite di questa settimana:
dei primi dieci libri di narrativa italiani in classifica solo due (ho
detto 2 non 20 o 200) si potrebbero classificare come giallo-noir: Romanzo Criminale di De Cataldo, al sesto posto, e La luna di Carta di Camilleri, al decimo. Il primo è Baricco.
No, no, è chiaro, Cucchi intendeva il dominio culturale, non quello
delle vendite. Ora che mi ricordo, il suo romanzo era uno dei finalisti
dello Strega di quest’anno. Il premio dei premi. L’avrà vinto il solito
giallista, mi dico. Vado a controllare. Accidenti: non c’è neppure un
giallista nella cinquina. E neppure nella selezione allargata ai primi
11 libri. Boh, non capisco.
Rileggo l’articolo, magari sono io che sono proprio tonto.
I giallisti, ci dice Cucchi, fanno “letteratura” in quanto,
appartenendo ad un genere, “compiono un’operazione squisitamente
letteraria”. “Ma” (ecco la frase illuminante) “lo sappiamo: la
letteratura (senza virgolette) è un’altra cosa”. Così si chiude
l’articolo.
Ho capito tutto.
Non ha senso, per ciò, che io ora gli spieghi che forse dovrebbe
informarsi. Che “scoprire chi è l’assassino” come in una sciarada da Settimana enigmistica è una cosa completamente ininfluente nella letteratura noir (vedi, appunto, Romanzo Criminale).
Che persino il morto può non esserci nel genere giallo (negli ultimi 3
racconti che ho scritto non c’è un morto neppure a pagarlo). È
perfettamente tempo perso rammentargli che Sciascia di “gialli” ne
aveva scritti sei, che La promessa di Durrenmatt è considerato un capolavoro del noir, che il Pasticciaccio brutto è un poliziesco a tutti gli effetti.
Non è di questo che stiamo parlando.
Vi dirò: non credo che Cucchi sia in malafede. Credo anzi che sia
sincero. E neppure che stia dicendo una bugia. Cioè: penso che il suo
assunto sia completamente indifferente sia al vero che al falso.
In questo senso è perfettamente inutile che io gli ricordi che se
parlassi della poesia contemporanea citando come unico referente
D’Annunzio, per poi aggiungerci: “tutto questo andare a capo non lo
capisco, mi indispettisce, è per questo che non leggo poesia, ma ho
molto da dire in merito”. O, altrettanto, se per parlare di fisica
teorica mi rifacessi ad Aristotele e poi aggiungessi che non sopporto
gli ipse dixit, insomma che se facessi questo, quanto meno qualcuno potrebbe chiedersi se io non stia dando aria alla bocca.
Quello che sta facendo Cucchi con il suo articolo è un’altra cosa. Sta
dialogando, per sottintesi, con qualcuno. Lo rassicura. A quel
“qualcuno” sta dicendo: “ehi, ci siamo capiti? Io lo so cos’è la
letteratura, quella senza virgolette”. Non ha importanza se lo sa
veramente o meno. E non mi soffermerei neppure sull'eventuale tono
pretenzioso o snob. Quello che fa Cucchi, con quelle affermazioni, è
dare una certa impressione di sé a un particolare auditorio.
Ormai ci sono. Mi ha aiutato nell’analisi del testo cucchiano la
lettura illuminante di alcune pagine di Harry G. Frankfurt, eminente
filosofo morale docente all’università di Princeton.
Le affermazioni di Cucchi sono sincere, insisto. E non sono,
necessariamente false (“i valori di verità delle sue asserzioni non
sono al centro del suo interesse” dice Frankfurt). Inoltre “non si cura
di come stanno davvero le cose” (sempre Frankfurt). Infatti Cucchi
ammette di non leggere Lucarelli e, la parte per il tutto, neppure
tutti gli altri “giallisti”. E, come già detto, cerca di dare
un’impressione di sé al suo auditorio. Tutte queste caratteristiche
hanno una voce esatta nel dizionario filosofico di Frankfurt.
Tutte le opinioni espresse da Cucchi nel suo articolo sono, a detta
dell’esimio professore di Princeton, una cosa ben precisa: “stronzate”.
Ovviamente, aggiungo, dato che le dice un poeta laureato sono, per me, emerite stronzate.
Update: su Lipperatura si può leggere l'intervento di Cucchi (con tanto di dibattito, ovviamente)
Recent Comments