Stato d’animo. Mai più stato. Legittimo addio, in un pomeriggio buio, in prima classe, il treno profumava di terzo stato, e di malati di persecuzione. L’animo si traveste da nonna e mangia il lupo, e la favola finisce, o quasi: cacciatore di nonne strazia la nonna ingorda e scopre indizi di lupo e sintomi di disgrazia: con la nonna è morto il travestito. Per tormentare il terzo stato, e ridurlo momentaneamente alla condizione di quarto e umile, la prima classe si mutò in seconda e prese ad ammorbare l’aria come mai sterco di corsiera seppe fare. Nemmeno un borghese si riscattò, e quel miasma fu segno: che la borghesia era simbolicamente coperta di merda. Così, si narra, la parola “borghesia” divenne ostaggio dei proletari, e la parola “proletari” divenne ostaggio della retorica: e ogni discorso sulle classi, dalla reputazione di meritoria orazione cadde direttamente nella gran marmitta delle farneticazioni. Egli. Un tempo soggetto, terza persona, mio personale fantoccio. Mai più disposto a fare ginnastica per il bene delle mie storielle. Son tempi, questi, in cui si comanda ai personaggi di rigar dritti? Fondamentalismi da letterato demodè. Stato d’animo. Mai più stato. Vaga sembianza d’individuo, ma pura scorza. Dentro non soffre, dentro non ride. In nessun caso si rallegra, neppure in nome della rappresentazione. Uno dei compiti principali dell’animo era di nominare il fasullo. Chi mentirà al posto suo, adesso? Ovvero al posto mio. Nudo. I miei quattro veli erano quattro stracci, bendaggi sanitari per un’umanità assetata di una moralità stravagante e finemente interpretata. Carta igienica resistente alle massime sollecitazioni dei costumi barbarici del terzo stato, del quarto stato, dei poveri cristi. Era universale e democratica, per quanto poco nobilitata dall’abuso del mio corpo. Dettagli, anche la nudità ne è piena. Stato d’animo. Mai più stato. Apparenza di solitudine privata dell’uomo, l’unica cosa che la giustificherebbe. Briciole di passioni scadute col tempo, signori battezzati e sfumati prima di un solo atto degno di nota. Adesso è diverso. Mancanza di tatto, ma odore di festa. E’ senz’animo che vivo libero, assolto e scarcerato, nell'abisso di un apostrofo.
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