Una lunga orazione: onora un feticcio a scelta, in gran segreto, e abbi cura di non lasciare testimoni della tua pigrizia adoratrice, di frenare l’eccitazione, di non andare in estasi, guardati il culo dai nemici e le ginocchia da te stesso, perché dopo gli idoli viene l’inchino: genufletti quello che puoi, se hai ancora le gambe, ma agisci con circospezione. Non vi sono regole precise per l’immortalità, ed è bene provarle tutte. Perciò inizia a mentire spremendo dalle meningi qualche virtù coltivata dalla notte dei tempi, ma che non possiedi: dichiara, nega, accoppa, ruba, ingerisci i debiti rospi, distribuisci sberle e pastiglie della verità; datti da fare, che la frenesia ti possieda, e che ti abbandoni solo quando vorrai veramente essere abbandonato, oppure quando, con il corpo istoriato di scene tribali e di merda contemporanea, ti accorgerai di essere la triste figura di una tradizione marchiata dalla stupidità, obliterata dalla memoria e resuscitata, di tanto in tanto, dallo stampo di quell’idiozia che così bene si adatta alla tua meschina caricatura. Sei niente, ma con la parola, indeciso tra l’adesione ad una mistica attuale e l’estremo sacrificio di cacar sentenze di valore artistico su ogni traccia di umano piscio, per il bene degli ignoranti, per la loro rozza specie, bisognosa della tua impostura. Certo. E finalmente i cazzi sono davvero uccelli, e per non deludere una metafora hanno messo le ali e volano via dai loro speciosi titolari, lontani da lusinghe uterine, lontani dai significati, lontani persino dall’arte che poco prima si evacuava con tanta leggerezza. Via da qui. Letterati, erbivendoli, arrotini, lingue allenate a lastricare sederi, di bavosa mitezza.
Eclissi, semi, accademie, pianoforti e zampogne, conigli e trappole, guerra e pace, mano su donna avveduta e saggia, che non reagisce col cuore in mano ma con la mano nella fica. Deficava, poi ve la spiego.
Ho paura di morire e ho paura di vivere. Ho messo radici come un'erbaccia. Il destino non mi dice nulla, semplicemente tace. E cosa potrebbe fare?
Calma adesso, una calma orribile, nella febbre, nella paura per una persona amata, o in un altro genere di paura per un’altra persona amata. Sir Confusione: è il mio unico titolo di nobiltà.
Quanti riferimenti antropologici e culturali, tanta cultura dimostri, in quest'ulteriore bel pezzo.
Leggo con gusto.
Posted by: Simone Veltroni | January 06, 2006 at 10:50 AM
veramente bello..quanto hai ragione, Sir.
Posted by: andreA | January 06, 2006 at 10:56 AM
Bel pezzo!
E l'ultimo capoverso é SPECIALE.
JD
Posted by: JohnnyDurelli | January 06, 2006 at 02:55 PM
Buongiorno. Ora arrivo. Oppure domani.
Grazie, benvenuto Andrea (qualcosa nella tua battuta mi ricorda Arancia Meccanica; anche qualcosa in me, volendo).
Johnny, OT: stavo per darti gli auguri di buon anno, credo che continuerò fino al 2008.
Posted by: Ivan Roquentin | January 06, 2006 at 06:48 PM
un gran bel titolo di nobiltà la confusione. se non ci fosse [la confusione] non saremmo qua a cercar di capire. a crescere. ma piuttosto a subire la volontà altrui
Posted by: p.s.v. | January 08, 2006 at 01:36 AM
Per ora subisco la mia volontà:)
Posted by: ivan roquentin | January 08, 2006 at 01:44 AM