Il giovane scomparve, lentamente: inesorabilmente, con crudeltà, Caligola si sostituì alle belle speranze di un paggetto per nulla idiota, ma del tutto inadatto a questo mondo. Ed eccomi qui: sono io, Caligola. Ho aggiunto un’altra circostanza alla narrazione: come mi trasformai, come riuscii nella comoda impresa di trasfigurare un uomo libero in uno schiavo insanguinato: niente di più facile, giacché quello'uomo ero io. Sono stato, ricordo. Chino su me stesso come un vecchio sulla memoria, non ho dimenticato nulla. I grandi ideali, i progetti, le donne, l’angoscia. L’angoscia. La morte. L’ho vissuta tre volte, piangendo per me stesso, patetico specchio che rimandava l’immagine di colui che avrei voluto essere, fallendo nella miseria più
schietta. Atroce inno ai miei diciotto anni, quando lo spettacolo stava per iniziare: a venti ero già una carogna, avevo bruciato le tappe di una carriera in cui gli uomini investono le energie di una vita, insieme a quel deserto infame che portano in testa, visibilmente attaccato ad un collo che si fa ruvido senza alcuna pietà, e gli anni passano, grandi barbe proteggono gli uomini precocemente sdentati: tutto questo non ha senso. Non è affatto vero, ha ben più di un senso, per chi abbia la voglia e la forza di farsi beffe di se stesso, di mettersi in gioco nel momento in cui la partita è già persa. Non serve coraggio, basta la sola disperazione. Niente può consolare un uomo che si conosca davvero, tranne, in rari casi, un altro uomo, spesso peggiore di lui, ma più votato al martirio che alla menzogna. Amate bugie, mi salverete ancora una volta. Se avrò un istante, in punto di morte, dirò a me stesso d’essere stato un uomo magnifico, nobile nei punti giusti, severo all’occasione, servile per il resto degli anni. Non avere il tempo di essere smentito, sbugiardato, deriso: ecco l’inconfessabile illusione di quel giovane che scelse di essere Caligola, che preferì uccidere piuttosto che morire, come è ovvio, ma non del tutto. Ci sarà un attimo in cui mi potrò raccontare ogni genere di favola, la morte non mi fa paura, piuttosto mi rallegra. Non c’è fretta.
E il mio segreto, a questo punto? Lo porterò nella tomba, intona la retorica, la madonna stonata nei secoli, vergine di qualcosa, non certo della parola.
La mia segnalazione non è solo dovuta -per la qualità delle persone e degli scritti-, ma voluta fortemente, dato che mi sento molto spesso abbastanza ignorante e molto poco "bravo" quando scrivo. La vostra -la tua- coerenza, la bravura e l'onestà che vi accompagna sono davvero rare. Perciò preziose.
Posted by: Daniele | November 20, 2005 at 05:54 PM
E' da un po' che ti leggo, Daniele, tra l'altro. La nota sulla coerenza è davvero un gran complimento per tutti, grazie per le belle parole (sono un po' retorico, ma sono anche un po' malandato, scusami).
Posted by: ivan roquentin | November 20, 2005 at 09:53 PM