(Dopo un'estate trascorsa provando a galleggiare nella merda altrui, che in genere si offre sottoforma di viscido pettegolezzo, mi sembra il caso di dedicare queste vecchie riflessioni ad alcuni dei più limpidi imbecilli che mi sia capitato di conoscere negli ultimi anni, e che per coincidenza scrivono su Nazione Indiana 2.0: ciò non significa che tutti coloro che scrivono su Nazione indiana siano imbecilli, significa solo che qualcuno non faticherà a riconoscersi. Più tardi, in ogni caso, li soccorrerò nella patetica agnizione)
Quando finiscono le parole, il giorno seguente, i rapporti diventano cimiteri in cui gli affezionati cadaveri si ostinano a cercarsi, a mentirsi, a ricattarsi. Ci si confessa solo con i muri, e con le orecchie pronte degli amici che hanno divorato qualunque frottola e distribuito ogni genere di indulgenza: conosco almeno tre persone il cui ruolo istituzionale consiste nel calare la testa ed annuire, prima di andare a dormire, come farebbe un prete insonne e dall’ostia facile. Condonare, rimettere e legittimare: è la graziosa benevolenza degli idioti che ci concede il potere di continuare a parlare, quando sappiamo che solo gli idioti staranno a sentire. Che bella responsabilità: fare tutta la vita il direttore degli idioti, per poi dipendere dai loro amorevoli e ripugnanti gesti, e arrivare persino a desiderarli, attenderli, sospirarli. Se c’è una cosa che non posso fare è lasciare una biografia in mano ad uno stupido, qualunque biografia, e soprattutto la mia. Se anche scrivessi per tre persone, come sembra, non vorrei mai che la loro vita diventasse mia, né che la mia diventasse loro. Non devo andare incontro a nessuno, e chi pensa che lo scrittore sia un infermiere farebbe bene a leggere Liala, per curarsi con la melassa. Il lettore non va aiutato, va torturato. Ma è veramente difficile seviziare qualcuno con le sole parole, perché uno spirito ben disposto fraintenderà tutto ciò che si può fraintendere, e avrà l’impulso irresistibile a rivedersi nei personaggi e nell’autore più diversi da lui: nella sua testa, è tutto un menare pacche e riceverle. Adesso mi spiego: io in realtà sono democratico, siamo tutti democratici. Ma io non sono democratico oggi, qui e in questa circostanza, perché le sfumature di questa bella comunità delle lettere, alle ore tre e trenta di lunedì, mi fanno orrore. Domani vi amerò, vi amerò tutti insieme, e organizzerò quella grande orgia che promettevo tanto tempo fa. Quel tuo accento vagamente straniero, in questa nazione di lettori ingordi e inesistenti, allo scoccare dell'ora in cui i più industriosi segaioli si gingillano il cazzo, potrebbe recarmi un po’ di sollievo. Se non altro per averlo rinnegato appena in tempo.
Wow! complimenti per l'esuberanza!
;)
Ciao ciao carissimo
Fabrizio
Posted by: Fabrizio Corselli | November 09, 2005 at 09:35 PM