(praticamente su richiesta. Qualche scrittore del cazzo potete leggerlo qui)
“Sono l’unico maestro di me stesso, il mio prediletto; sono il giovane ingenuo che sono stato, e la sua grottesca degenerazione; sono uno schiavo del frigorifero che ha conosciuto schiavitù migliori, ma non ha saputo che farsene: sono un amante della verità che la filosofia ha reso impotente. Adesso, che mi resta? Lo scrittore è ferito ma deve lasciare libri, perché serviranno agli altri feriti.”.
“Lo scrittore è retorico.”.
“Parole sprecate. Poteva essere un inizio.”.
“Era il tuo nuovo romanzo? Chi era il personaggio? Gli metterai in bocca le tue solite battute.”.
“Era quasi una biografia. Stroncata in un batter d'occhi.”.
“Cosa ti impedisce di scriverla?”.
“Una ponderata mancanza di fiducia, per esempio.”.
“Non dirò più nulla, se preferisci.”.
“Non ho desideri particolari, riguardo quest’affare. E riguardo tutto l’affare letteratura.”.
“Oggi si prova?”.
“Si dovrebbe…”.
“Potremmo parlare di amore.”.
“Neanche per idea.”.
“Quel giorno eri sul punto di…”.
“…ero sul punto, ma mi sono fermato in tempo. Preferirei affrontare l’eternità da solo anziché una vita intera accanto a te.”.
“Mi sleghi?”.
“No, hai altre due ore di corda.”.
“Accorciamole.”.
“Meglio di no. Non si sa mai, mi potrebbe venire voglia di parlare d’amore…”.
“Slegami!”.
“Strepita pure. Non mi aiuta a pensare ma mi distende.”
“Arriva o non arriva?”.
“Cosa?”.
“L’idea.”.
“Forse. Si prepara, c’è tutto l’essenziale: lo sciocco e l’inutile. Basta aggiungere il contorno, la guarnizione…c’è una parola per tutto questo…”.
“Inganno; spessa guaina di immondizia sarebbe più esatto, ma non finisce mai. Non fumare troppo, mentre l’aspetti.”.
“Se non la smetti di parlare non arriverà mai.”.
“Puoi allentare la corda?”.
“Tutto sommato, è una storia identica alla storia precedente. Non è una vera e propria idea, o forse non è un’idea nuova.”.
“Arriva, giornata di grazia: giornata memorabile. Per favore, la corda…”.
“La sofferenza è la più profonda essenza della tortura.”.
“Pure le giaculatorie.”.
“Allora dovresti genufletterti: la misericordia si prende prona.”.
“Non posso, sono legata ad una sedia.”.
“E allora, niente misericordia. Due ore di pazienza.”.
“Ma siamo ancora in buoni rapporti?”.
“Siamo in ottimi rapporti, se ti fai le due ore.”.
“Rincuorami, confortami.”.
“L’ho già sentita, non cambi mai. Dopo la corda ti aspetta il pranzo, se può servire. Pranziamo assieme, facciamo esperienza di conciliazione…come due buoni amici, due amanti, due consanguinei, come quello che ti pare.”.
“Possiamo parlare della gioventù?”.
“Non vedo l’ora. La verde età, gli altri tempi, ruminare pensieri, una luminosa carriera, la casa attrezzata, grandiosi progetti, ringraziare dio, un edificante avvenire: adesso, prenditi l’avvenire.”.
“Che immagine triste.”.
“Tende spontaneamente alla tristezza, per sua natura. Mi piacerebbe coltivarla.”.
“Prova ad innaffiarla.”.
“Ti volevo sposare. Dovevo essere matto!”.
“Per un po’ ho recitato, ma iniziava a piacermi.”.
“Hai preso subito il vizio.”.
“Li ho presi tutti. La gioventù stanca, da sola. Bisogna metterle accanto qualcosa.”.
“Per esempio un marito, per cercare l’effetto.”.
“C’è o non c’è?”.
“Di che parli?”.
“Di quella cosa.”.
“Bisogna vedere, bisogna controllare bene. Il processo di accertamento è laborioso. Ci siamo messi al lavoro. Piuttosto, tu hai una brutta cera.”.
“Quanto brutta?”.
“Non lo so. Il viso rivela qualcosa, di certo. Fatti guardare.”.
Le sfiora il mento con una mano ed inizia a spostarle la testa.
“Mi stai trattando come una statua.”.
“Come una brutta statua. Hai qualcosa di caprino…che pessimo gusto, deve avere martellato a caso.”.
“Chi?”.
“Quel signore che ti ha fatto.”.
“Sarà stato ubriaco.”.
“Lo escludo. Mi sbagliavo: sei brutta ma simmetrica, evidentemente sapeva quello che stava facendo. A caso…ma di un caso premeditato.”.
“Era un sadico.”.
“Un uomo di scienza, uno sperimentatore. In quest’opera si deve essere accanito, con tutta la sua scienza.”.
“E con te? Ti ha risparmiato?”.
“Non ci ha fatto lo stesso signore. La corda non basta più, dovremo passare al bavaglio.”.
“Hai pensato al sepolcro?”.
“Solo un’ora, poi ho deciso di lasciare perdere.”.
“Ti sei spaventato.”.
“Non ho più pensato al sepolcro ma ho pensato al bavaglio.”.
“Spavaldo!”.
“Lungimirante, piuttosto.”.
“Hai l’aria di quello che ha avuto una buona idea.”.
“Gli odori, ho memoria degli odori. Ricordo tutti gli odori, mi piacerebbe scrivere di questo. Hai mai pensato agli odori?”.
“Che sciocchezza!”.
“Lascia stare, è una faccenda troppo poetica.”.
“…e l’odore la lasciò prostrata nell’ignoranza.”.
“Stringerò la corda.”.
“Una densa cappa di poesia avvolgeva lo scrittore, finché il suo angelo custode, sotto forma di profumo di primavera…in pratica…una betulla in fiore con le coste alate...finché.”.
“Smettila.”.
“Finché!”.
“Finisce così?”.
“Non meriti una fine particolare. Non finisce, basta così, cambiamo discorso.”.
“Ti lascerò marcire sulla sedia.”.
“Ho i miei dubbi…”.
“Ho intenzione di farlo.”.
“Siamo già completamente marci. Parliamo un po’ di amore e non ci pensiamo più.“.
“Ho da fare.”.
“Lavori sempre.”.
“Scrivere costa fatica.”.
“Tutto lavoro arretrato. Quarant’anni di arretrati, questo sarà il giorno in cui ti cresceranno calli: tutti insieme.”.
“Li ho sempre avuti, ma non crescono. Non attecchiscono bene…qui, solo rughe.”.
“A che punto del poema siamo?”.
“Sempre lì, non ci siamo mossi.”.
“Non cambia nulla. Ha delle belle pretese, il tuo pubblico!”.
“Mi ha rovinato.”.
“Hai conquistato nuovi lettori?”.
“No, che io sappia. Si fanno pregare, e credo che mi detestino.”.
“Non lo immaginava, quando sceglieva i destini.”.
“Quanto ti manca, di corda? Ho fame.”.
“Quasi due ore.”.
“Oggi salteranno le prove.”.
“Me l’aspettavo.”.
“Sono solo rinviate.”.
“Balle.”.
“O si prova o si mangia!”.
“Sante parole: ed oggi non ti senti particolarmente ispirato…”.
“Non ho pensato alla mia bella cassa da morto, lo sai. Guarda qui! La tua fronte, è tagliata male.”.
“Guardala bene.”.
“La sto guardando bene.”.
“Avvicinati e stai fermo.”.
“Sto fermo.”.
“Cosa vedi?”.
“Tutto il mondo.”.
“Riprova.”.
“Riprovo tra dieci minuti. Cara, siamo invecchiati male.”.
“Abbiamo appena rivelato il mistero di un talento sciupato. Era un uomo di ottima fattura, signorile quanto una landra in pieno marciapiede, nell’ora di punta. Contro di lui si ferma il caso, e la malasorte non può nulla: è un fallito fondato sulla scienza. Vive di battute rubate e di lauti singhiozzi, le armi in società della sua comica missione: è un pastore della letteratura che, invece di dedicarsi all’evangelizzazione dei popoli ignoranti, si è fatto distrarre dalla futura gloria. Che rara specie di cristologia ci vuole, per studiarlo…ma l’abbiamo studiato! Ripugnando l’aspetto sacro della faccenda, ci è sfuggito il vero motivo del suo sacerdozio, ma siamo riusciti a mettere a fuoco l’individuo, il gentiluomo, l’infimo contenitore di quel Cristo fortuito. Era tale e tanto il suo talento che era quasi impossibile controllarlo, afferrarlo, disciplinarlo: costringerlo a trapiantarsi nei fogli. Nulla, non ne voleva sapere, il talento ingrato. Ci dovevamo rassegnare? Ci dovevamo piegare ai più modesti aggettivi: piccola, boriosa, scolastica inclinazione a proclamare la realtà? Si era dato un mandato rivoluzionario! Viveva aspettando che qualcuno lo leggesse, e questo punto dovrebbero già averlo fatto. Reazioni? Hanno apprezzato in modo silenzioso, senza fare rumore.”.
“Si parla di me”.
“Si parla di te.”.
“Non ho mai preso seriamente in considerazione le rivoluzioni.”.
“E’ ovvio, sono troppo pericolose. Si faceva ironia, la corda annoia. Che hai fatto con quel galoppino?”.
“Di chi parli?”.
“Dello schiavo del bar.”.
“Non è uno schiavo.”.
“Con quello…che hai fatto?”.
“Ci ho parlato.”.
“Hai concluso qualcosa?”.
“Abbiamo trovato un accordo.”.
“Una cosa fraterna?”.
“E’ un uomo perspicace e generoso.”.
“Vi siete intesi subito.”.
“Nel giro di qualche minuto, il tempo di un caffè.”.
“Come tra colleghi o come tra complici?”.
“Ci siamo intesi e basta. Tra uomini ci si intende, serve poco.”.
“Anche nulla. Uomini? Maschi, schiavi, spiegati meglio...”.
“Qualcosa di più generico.”.
“Pezzi di carne.”.
“Qualcosa di più preciso…”.
“Bestie!”.
“Non riesci ad aggiustare la mira, troppo sopra o troppo sotto.”.
“Fammi riprovare.”.
“Prima finisco.”.
“Se non riesco a colpire nel punto giusto non capirò.”.
“Come vuoi, riprova.”.
“Creature ammirevoli e degne.”.
“Troppo lezioso.”.
“Omuncoli.”.
“Poco allettante.”.
“Non devi allettare…sempre troppo, o troppo poco. Siate quello che vi pare e continua. Vi siete intesi per puro caso.”.
“Lasciamo perdere, non mi va più.”.
“Non si arriva mai da nessuna parte, con te.”.
“Non mi sento libero di parlare.”.
“Sei libero come un passeggino, nei giorni di caccia.”.
“In ogni caso, il ragazzo ha negato di aver visto. Non ha visto nulla.”.
“Cosa ha voluto in cambio?”.
“Mi sono presentato con la mia eccellente aria da questuante, non ha voluto nulla; e credo di averlo incantato.”
“Giovane vittima di un venditore di stracci.”.
“Le parole ingannano…”.
“Parole è un termine un po’ vago.”.
“Facezie. Una verità tutta intera costa caro, la mezza verità è più a buon mercato, e di solito rende. Qualunque sia l’arte che noi predichiamo.”.
“E noi siamo molto poveri.”.
“Poverissimi! E le circostanze rendono il povero un farabutto: il povero implora e il farabutto incassa.”.
“Tutto si giustifica! A che serve la verità se abbiamo la menzogna, giusto? ”.
“Non essere sentimentale, la verità è goffa. Santi come suona: ve-ri-tà.”.
“Verità: a me sembra una bella parola. VE-RI-TA’.”.
“Fa schifo.”.
“Mi piace.”.
“Per spirito di contraddizione, probabilmente. Io non so che farmene dell’originale, mi accontento di una brutta copia.”.
“Ho trovato la parola: vi siete intesi come mercanti.”.
“Due uomini in vena di affari. I dettagli sono irrilevanti. C’è una parola…”.
“Piccolezze. Ma non dicevi che non aveva voluto niente?”.
“E’ vero, poca stoffa e tutta astratta. So trasformare i miei crediti in generose elargizioni. Mi doveva qualcosa, e io segno tutto su un diario, soprattutto quando non si tratta di denaro. Prima l’ho mosso a pietà, poi gli ho ricordato che la sua posizione non era delle più comode…Ha rubato qualche soldo allo strozzino per cui lavora. Vado giù a mangiare un paio di volte alla settimana, e a stomaco pieno non mi sfugge nulla.”.
“Hai davvero un diario simile?”.
“Certo, ed è enorme. Solo carta riciclata, i miei vecchi racconti, i personaggi morti, pagine piene e pagine vuote. Non si butta nulla. Lentamente, con gli anni, sta assumendo la fisionomia dell’opera.”.
“Lo posso vedere?”.
“E’ solo la prima parte, l’opera completa deve ancora venire.”.
“Non l’ho mai visto, sicuro. E non lo vedrò.”.
“Non hai visto neppure il monte Olimpo, ma ti assicuro che da qualche parte esiste.”.
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