Quella languida mano che si avvicina al foglio bianco e non lo lascia
andare fino al proprio disfacimento appartiene ai sogni di ogni
aspirante letterato, di ogni fatuo imbecille degno di questo titolo,
dei più comuni ciarlatani e di Antonio Moresco: tutte creature che, in
qualche modo, si somigliano.
Perché, tra tutte le tribolazioni a
disposizione, si ama il supplizio dell'uomo di lettere? Perché si
preferisce morire con Leopardi in tasca anziché leggerlo e non rompere
i coglioni? Perché amano la letteratura, che li detesta? Perché la sua
arte fa camminare i morti e promette qualcosa anche ai vivi, ben prima
della cassapanca. E’ qui e ora che si cercano le mostrine, perché il futuro e la responsabilità non devono scavalcare il presente e il buzzo pieno. Ma la vera stoffa del letterato vale quanto la vera pelle dell’orso: tanto per chi si compiace dell’addobbo e nulla per
chi prende il supplizio come un male necessario o come una vitale
ossessione: in entrambi i casi non c’è nulla di cui rallegrarsi. La
distinzione tra persone serie, mangiamoccoli, arrampicatori e puri
millantatori non ha mai aiutato nessuno a vederci chiaro, perché ogni
uomo armato di penna e delle peggiori intenzioni può migrare
indisturbato da una categoria all’altra: perciò è meglio farne a meno.
Ci restano i fogli e gli scrittori, oppure, secondo qualche fulminato,
le scritture. Beninteso, tutta l’infinita disputa intorno alla
preminenza dello scrittore o della scrittura non ha altro significato
che quello di fondare un misticheggiante substrato culturale per le nuove leve, la generazione di due rivoluzionari
in cerca di una carta d’identità, ma poggia a sua volta sul nulla delle
teste vuote che l’hanno urlata in pubblico e rivelata su carta, insieme
ad un avventato e comune sentimento di appartenenza: ma bastano due
nomi nuovi, e decisamente stupidi, per inaugurare una tradizione
culturale e per dar vita alla sospirata corrente letteraria,
ossia il lenzuolo per stolti dentro cui infilare i vaneggiamenti di una
mortificante Carla? No, ma per l’ambizione delle nuove leve è del tutto
irrilevante che la cultura sia vera oppure esibita, come è del tutto
irrilevante che i libri contengano letteratura o madornali sciocchezze:
un libro racchiude qualcosa, e se si tratta di parole è inutile far
domande: il bidone è servito e rilegato, pronto ad essere vantato sui
sofà di un'arrendevole società dei balocchi, in cui ogni demenza è
tollerata e incoraggiata, in cui ogni solenne schifezza è la garanzia
del capolavoro che verrà, l’opera tanto attesa e tanto lisciata dal
solito critico in preda a rapimento estatico dalla notte dei tempi:
avvistato un iceberg a Mantova, nella nuova Recanati, terra natale di
qualche mistico stronzo, che nel duemilacinque è anche un discreto
comico.
Sempre il caro ed ineccepibile Ivan dai toni duri ed espressività tagliente. Rinnovo i miei complimenti.
Ciao ciao
Fabrizio
Posted by: Fabrizio Corselli | November 14, 2005 at 10:22 AM
ci sono scrittori "costruiti", "progettati". meglio non esserlo mai, forse. Forse non ho capito un cazzo. va bene così
Posted by: p.s.v. | November 14, 2005 at 03:34 PM
No, hai capito, e ci sono scrittori costruiti a cazzo di cane; e ci sono scrittori de-costruiti allo stesso modo (dai un'occhiata all'ultima discussione su lipperatura).
Ciao Fabrizio:)
Posted by: ivan roquentin | November 14, 2005 at 04:33 PM