Nessuna parola adesso. Non farei altro che comunicare morte, in anticipo sul trapasso, virtuoso di una catacomba: un paesaggio avvilente in cui vagolo come un'ombra caduta nella trappola. Non uscirò vivo da lì, ma neppure in una condizione diversa. Al mondo ho detto forse. Per interi anni non ho avuto altre parole. E da stimato architetto, il padreterno non ha ritenuto di dover rispondere. Egli si manifesta attraverso il sudore dell’opera, ma è un gran lavativo, e perciò non si manifesta affatto. Mi sono scelto la migliore anticamera, sperando che fosse la premessa di un luogo meno disgustoso del solito mondo: l’orizzonte è tutto mio, ma solo quello. Ho due dimensioni a disposizione della mia sagoma. Pensate: non peso nulla, non mi devo nutrire, non devo defecare: sono puro pensiero. Non era, il cervello, quello strumento indispensabile che ritenevo in gioventù; continua a funzionare, lo vedo da me, più sottile di qualunque pellicola. Ah, la scienza, sfacciata millantatrice. Ma basta con le parole, che brutto vizio. Avanti e indietro, sempre la stessa strada, io sono colui che occupa l’orizzonte, e non c’è bisogno che parli. Deturpato dalla compagnia dei miei simili, che non perdevano occasione per esprimere opinioni, ho qualche difficoltà a smettere: sono un drogato. La demolizione del tatto è stata una sofferenza terrificante: io, celebre per la mia delicatezza, praticamente soffice, che cercavo ogni pretesto per tastare e investigare i difetti delle superfici, soprattutto della pelle dei miei amici. Tempi andati. Se qualcuno di loro mi ascoltasse, adesso che tutti mi credono morto, mi troverebbe irresistibilmente comico. Finalmente farei ridere, visto che per una vita non ci sono riuscito. Avevo la tendenza a commuovere e disgustare, e nelle tribolazioni altrui raggiungevo ragguardevoli vette. Ero un formidabile oggetto di pietà che disprezzava i devoti di qualsiasi fede. Ero. Tuttora mantengo la memoria: non ci siamo mai separati, io e lei. Ad ogni divieto è seguita una rivoluzione, e mai un addio: litigi e disamore. Ho rischiato la follia, l’ho mancata di poco. Mi ha lasciato sfigurato. Ma nessuna parola la vale. Mia diletta, mia aguzzina.
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