Pausa, una lunga pausa supplementare. Rumori, i soliti falsi allarmi. E’ con grande pudore che nomino chi non esiste, in quei momenti in cui gli splendidi doni di Madre Natura si riversano nella mia vita come un’alluvione di merda. Chi è arrivato fin qui deve avermi amato molto: è ora di spasimare altrove; si legga un romanzo d’appendice, si rotoli nella decenza, e si lasci castrare l’intelletto dal pigro fermentare dei buoni sentimenti. Che ogni sagoma la smetta di elargire un uomo, l’ennesimo disperato intagliato col mio malinconico calco. Siamo accidenti sfortunati, miserabili e importune fatalità. Siamo intrusi, in un mondo tendenzialmente prospero e felice, che condivide l’idea che la parola sia un feticcio che regala grandi orizzonti di speranza: per enunciati diretti o con perifrasi da lavativi. Diamo ai fatti la giusta dimensione: rendiamoli così piccoli da non poterli guardare: sono invisibili: non accade nulla, e la nostra sarà vera grandezza. Siamo giganti che vagano in un deserto tutto da raccontare. Siamo i vanitosi del minimo fatto. No! Meglio morire adesso, in questo istante. Pausa. Sono ancora vivo, da minuscolo Ulisse in mezzo ai ciclopi, e mi rintano tra le anche di quelli che arrancano: vagabondi esausti di ciondolare per un mondo vuoto, si dedicano all’affabulazione del cosiddetto nulla. In nessun caso ammetteranno il proprio fallimento, in nessun caso sceglieranno di tacere. Fatui allievi di precettori analfabeti, torneranno dai rispettivi maestri a chiedere il conto. Non troveranno nessuno e proveranno una strana specie di odio, la rabbia di chi viene abbandonato da un padre che fu, tra l’altro, una schiva canaglia. Per un miracolo i giganti si estingueranno, un evento straordinario da queste parti, probabilmente un provvidenziale aerolite. Si estingueranno perché mi hanno disgustato, e mi si legge in faccia il loro destino. Come possa una miniatura di Ulisse sopprimere una genìa di titani, questo non l’ho ancora deciso. La stessa noia è una tremenda mannaia, e dovrebbe bastare. Noia e movimenti brevi delle mani. Confusione di fine dicembre, in mezzo al solito nato del venticinque che porta la pace nei cuori e la rogna nei cervelli: bestiale talento che si fece mettere in croce e fece passare il sangue in secondo piano.
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