Chi ha parlato di santi in questo luogo? Non si trattava di santi, ma di un elenco di mostruosità di ben altra levatura: l’Altissimo, ad esempio, come si suol dire con una parola, sbagliando sulla statura e sull’ubicazione del tribunale. I potenti, dopo un certo numero d’anni, si affievoliscono. Persino come semplici figure nella fantasia più assetata di misericordia, sbiadiscono e muoiono. La loro vita era la demente eccitazione di uomini disperati. Purtroppo, con i servigi dei disperati si vivacchia tra una preghiera e un’estrema unzione, non più a lungo dei disperati stessi. Certo, appena crepa un inconsolabile il mondo ne offre subito un altro, con le stesse inclinazioni volgari, per colmare il paiolo, ma non si può andare avanti per l’eternità. Si può dunque vivere come i cani, e sbarazzarsi di dio senza iniziare a latrare. Non c’è bisogno di essere identici ai cani, è sufficiente imparare da loro un po’ di sana dottrina. Lo scetticismo del cane, del tutto involontario, è una scelta per uomini coraggiosi e ammorbati dalle farneticazioni. Ma adesso basta, finisce qui. Tra indulgenze e macchinazioni l’odore di morte è stato furbescamente dimenticato. Un vantaggio di pochi secoli, durante i quali il curriculum vitae del padreterno perdeva un pezzo alla volta. E’ stato sottoposto a verifica e non è stato ritenuto idoneo all’esistenza. Quel Signore scherzava, quando scriveva ho spaccato montagne. E’ stato creduto per carenza di bordelli e altri generi di passatempi altrettanto incresciosi. Oggi, nell'istante in cui inizia una predica, si alza un vento che la disperde nell’aria. Da lontano si nota solo il lutto, nell’uniforme dell’officiante che officia nel nulla. Non un solo spettatore, non un orecchio disposto a prestar fede: non si presta ciò che non si ha. S’affaccia il timore, siamo soli, siamo sempre stati soli. Siamo, l’uno per l’altro, una maledizione. Pausa. Ristoro, senza sonno. Non c’è nessuna ombra, non c’è nessuna ombra, non c’è nessuna ombra. Si crede ciò che si vuole credere, perché si possa essere ciò che non si vuole ancora. Potrei scrivere sempre, e lo farei, se servisse a qualcuno. Ma si richiedono sacrifici meno nobili di questo, e più coerenti. Ci vuole, ad esempio, il pane quotidiano; ci vuole di che saziare i maiali per ingrassare gli eredi che alleveranno i polli: per sfamare le generazioni successive. In poche parole, ci vogliono l’ottimismo della pancia e la perseveranza di una classe operaia, ma senza sogni rivoluzionari. Serve, infine, la semplicità. E tutto questo si deve mettere in parole, in opere di letteratura, in limpide proposizioni. E sia bandita ogni perplessità.
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