Ma è già ieri. Se non sbaglio, oggi dovrei essere stato. Come accade che un inquisitore si dimentichi di tormentare la vittima, cioè l’innocente, così succede che io trascuri i miei doveri, e che la mia esistenza non valga quella di Adamo: una didascalica panzana in cui si proietta angoscia e non si teme, mai, di essere compresi. Si vive così, totalmente privi di colpa, vergini da ogni punto di vista, bari dagli stessi punti di vista: i luoghi privilegiati da cui si scorge bene l’uomo e si scorge benissimo il suo inesorabile disfacimento. Non è l’uomo il problema, ma quella testa che si affanna a meditare moderne scuse. Tutta la vita è un simile concerto di astuzie e scappatoie, atrocità e fughe: bastoni per non cadere e buchi in cui nascondersi. Chi, meglio di me, potrebbe mentirmi? Non è rimasto nulla di veramente mio, nulla che mi possa dare l’ozio del possesso o lo stravizio della libertà. Io dovrei scappare, per un tempo infinito, a gambe levate. Ma nessun asilo mi avrà con sé, non c’è capanna per questo qui, eccetera. E non c’è eremita senza nostalgia del mondo civile, per quanto il disprezzo indugi volentieri nella contemplazione della propria purezza: che non è mai tale, ma è sempre intossicata da qualche perplessità. Non provo vergogna, sto in piedi, godo di buona salute, e tutte queste fortune non mi danno tregua. Per quanto selvaggia, la mia violenza è già un modo di essere. L’abitudine l’ha svilita, con la mia collaborazione, e sono diventato un principe di buoni sentimenti senza un cencio su cui esercitare la mia paranoia. Dove potrei andare, dove potrei fuggire, dove potrei regnare. La vita dello spirito mi disgusta, per quanto non vi sia uno spirito: questa pertinacia immotivata, questo cocuzzolo di assurdità che scalo tutti i giorni come un condannato ai lavori forzati. E’ chiaro, tuttavia, che nessun aguzzino angustia il mio culo: mi basto da solo, quanto a tormenti e sevizie. L’altro, il boia che prima o poi mi capiterà di incontrare, è un artificio disumano per educare me stesso a supplicare il mondo di partecipare: vivo in un’eterna petizione, che compilo quasi a tempo pieno, sempre con la stessa firma. Si vive con le parole ma si scrive con le chimere. Lamento diurno di un relitto. Cosa c'è? E cosa vuoi che ci sia, più di quello che c'è. Pausa.
Comments